Dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT 15 nuove opere per le collezioni di GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea e Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
La Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT ha acquistato quindici nuove opere di nove artisti contemporanei: Jacopo Benassi, Merlin James, Atelier dell’Errore, Chiara Camoni, Alessandra Spranzi, Bill Lynch, Giuseppe Gabellone, Cooking Sections e Richard Bell.
Le nuove acquisizioni, così come l’intera collezione della Fondazione, sono concesse in comodato gratuito al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e rese disponibili per la pubblica fruizione.
“Con la Fondazione per l’Arte CRT contribuiamo da oltre 20 anni a rafforzare il sistema della creatività contemporanea, a valorizzare i talenti e ad arricchire il patrimonio culturale a beneficio di cittadini e turisti”, afferma Giovanni Quaglia, Presidente della Fondazione CRT.
La Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, ente “art oriented” della Fondazione CRT, mette in campo azioni e progetti per lo sviluppo, il rafforzamento e la promozione del sistema della contemporary art. In particolare, attraverso le acquisizioni, la Fondazione alimenta un’estesa collezione di opere d’arte contemporanea, diventata nel tempo tra le più prestigiose a livello nazionale e internazionale: oltre 900 opere realizzate da circa 300 artisti, per un investimento complessivo di oltre 40 milioni di euro.
“Le acquisizioni sono parte fondamentale dell’attività della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, che oggi vanta una collezione di eccellenza riconosciuta a livello internazionale e messa a disposizione dell’intera collettività come bene comune”, dichiara Massimo Lapucci, Segretario Generale della Fondazione CRT.
Le opere acquisite vengono scelte dai direttori dei musei a cui sono destinate, secondo criteri di coerenza con le proprie raccolte e condivisi con il Comitato Scientifico della Fondazione, composto da Rudi Fuchs, in qualità di Presidente onorario, Sir Nicholas Serota, Presidente Arts Council England, Manuel Borja-Villel, già Direttore Museo Reina Sofía di Madrid, Francesco Manacorda, Curatore Indipendente – Londra, e Beatrix Ruf, Direttore Hartwig Art Foundation di Amsterdam. La collezione consente alle due istituzioni museali d’eccellenza un continuo aggiornamento delle proprie esposizioni, rese veramente contemporanee dal costante dialogo con il panorama artistico attuale e i suoi artisti.
“Con le recenti acquisizioni la Fondazione consolida la collaborazione con il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, arricchendone le raccolte permanenti di opere significative e alimentandone l’importante programma di esposizioni temporanee e scambi internazionali. Le proposte curatoriali, avvalorate dalla autorevolezza del comitato scientifico della Fondazione, hanno stimolato l’acquisto di opere capaci di implementare le collezioni già esposte, ma anche di aprirle a tematiche nuove, quale quella ambientale, sostenendo l’impegno dei musei nell’essere sempre specchio di contemporaneità”, commenta Luisa Papotti, Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT.
Opere destinate all’esposizione al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
U Can’t Touch This, di Richard Bell
Artista e attivista politico aborigeno australiano, Richard Bell (Charleville, Queensland, 1953) è l’autore dell’opera U Can’t Touch This, che prende spunto da una famosa fotografia scattata durante i giochi del Commonwealth nel 1982; la rappresentazione, particolarmente espressiva, si avvale della citazione e dell’appropriazione di stili pittorici europei per affrontare le problematiche dell’autorialità e della proprietà intellettuale delle idee, che l’artista ritiene ignorate nei riguardi dell’arte aborigena australiana. Bell riutilizza le tecniche dell’informale e della Pop Art in un collage che rovescia gli stereotipi attribuiti agli indigeni.
Salmon: A Red Herring, di Cooking Sections
Duo artistico fondato dagli artisti Daniel Fernandez Pascual e Alon Schwabe nel 2013, Cooking Sections firma l’opera multimediale intitolata Salmon: A Red Herring (2020), che parte dal color salmone per metterne in discussione l’utilizzo nell’allevamento intensivo dei salmoni e, più in generale, l’uso dei colori nel business dell’agricoltura e dell’allevamento; l’opera è stata esposta in primis alla Tate Britain di Londra nel 2020, come parte di un movimento volto a boicottare l’allevamento di salmoni. I membri di Cooking Sections sono in assoluto i giovani artisti più importanti a livello internazionale, attivi nell’ambito di un rinnovamento estetico capace di contrastare il cambiamento climatico.
Opere destinate all’esposizione alla GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
POLLICE, un altro dio scuro dell’AdE, di Atelier dell’Errore
Atelier dell’Errore è un collettivo di giovani artisti ventenni affetti da malattie neurologiche di diversa natura, guidati dal Direttore artistico Luca Santiago Mora, che ha fondato il gruppo inizialmente nell’ambito del servizio sanitario per poi trasformarlo in una cooperativa di lavoro che consente ai giovani di sostenersi. POLLICE, un altro dio scuro dell’AdE (2021) è tra i pezzi più importanti della serie dedicata al rosso e all’oro; lo stile è il risultato della sovrapposizione di segni ossessivamente ripetuti dai disegnatori, con una precisione tecnica sorprendente, su una superficie particolarmente ostica. L’immagine restituisce il profilo di una creatura che non può essere facilmente classificata, al crocevia tra il corpo, lacerato e decomposto, di un animale e le fattezze di un dio metamorfico.
Panorama di La Spezia, di Jacopo Benassi
Jacopo Benassi (La Spezia, 1970) proviene da anni di lavoro nella fotografia e nella musica underground, che gli ha permesso di sviluppare uno stile fotografico personale in cui la profondità di campo viene eliminata e l’aggressiva luce del flash diviene il tratto distintivo. L’opera in oggetto è il risultato di una residenza artistica che trascorsa tra pareti temporanee di legno, all’interno di una stanza nella quale si è chiuso per più di un mese, poi segata in parti diverse prima dell’inaugurazione; l’opera è uno degli angoli della stanza, sulle cui pareti sono esposte opere frutto di una riflessione sull’ambiente naturale del Golfo di La Spezia, accrochage di fotografie e dipinti, tenuti insieme da tiranti per auto, che pongono in relazione le foto notturne del Golfo, con le loro immagini fortemente contrastate, e una pittura tradizionale che ricorda le vedute tipiche dell’arte locale ottocentesca.
Serpentessa, di Chiara Camoni
Chiara Camoni (Piacenza, 1974) conduce da anni un lavoro dedicato all’intreccio tra elementi naturali e le tradizioni culturali di matrice femminile, mitologica e mediterranea, anticipando quel filone di ricerca che oggi ha internazionalmente assunto il nome di ecofemminismo. Serpentessa (2020) è una delle sue opere più iconiche, centrale nelle sue ultime esposizioni internazionali, in grado di rievocare l’iconografia del serpente nell’arte e nella mitologia: da Ecate, divinità ctonia femminile col corpo di serpente, a Medusa, sua figlia, da Lilith, donna serpente raffigurata da Paolo Uccello avvinghiata all’albero della genesi, fino all’archetipo della ninfa serpentine, di cui parlò Warburg. Il suo corpo è scolpito da Chiara Camoni in un unico ramo di mimosa e dipinto di verderame.
Buildings, Trees, Water e Under Stairs, di Merlin James
Pittore e scrittore, Merlin James (Cardiff, 1960) offre un contributo lucido e puntuale alla riflessione sulla pittura, tanto nelle sue opere artistiche quanto nei suoi testi. La sua produzione comprende esclusivamente opere di piccole e medie dimensioni, perennemente in bilico tra la raffigurazione e l’astrazione, tra immagine e interrogazione sulla natura dell’immagine stessa. Buildings, Trees, Water (2021) e Under Stairs (1996) rendono conto di due momenti diversi nel percorso dell’artista, ma anche della grande coerenza ideativa della sua evoluzione: Buildings, Trees, Water include nella propria composizione elementi fisici, come una cucitura della tela e un foro sulla sua superficie, che rappresentano la costante contraddizione tra le possibilità illusionistiche e la realtà della pittura; in Under Stairs emergono invece molteplici possibilità di senso dall’incoerenza tra figurazione e astrazione.
Still Life with Chinese Painting e Merry Christmas My Love, di Bill Lynch
Bill Lynch (Albuquerque, New Mexico, 1960 – Raleigh, North Carolina, USA, 2013) è stato un pittore e un artista consapevole della storia dell’arte e frequentatore assiduo dei musei dedicati all’arte dei secoli passati, le cui opere intrattengono un dialogo costante con la pittura cinese. Dipinto a olio su legno, come la gran parte della produzione dell’artista, Still Life with Chinese Painting mostra chiaramente come riconoscere la tradizione italiana, completamente rinnovata eppure familiare, nei dipinti di Lynch, in termini di pennellata, di emersione del materiale di supporto, di composizione e riferimenti iconografici; similarmente Merry Christmas My Love, dipinto a olio su una tappezzeria montata su legno, si ricollega a una diversa tradizione di pittura, che ingloba tessuti all’interno dell’opera.
Tovaglia sospesa (L’insieme è nero) – Gusci di uova mangiate da una faina (L’insieme è nero) – Plate 51. Sedum species (Cacti and other succulents) – Plate 62. Kleinia tomentosa (Cacti and other succulents) e Plate 35. Rhipsalis salicornioides (Cacti and other succulents), di Alessandra Spranzi
Docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Brera, Alessandra Spranzi (Milano, 1962) è una figura di spicco in campo fotografico, la cui ricerca artistica è legata alla messa in scena dell’immagine, al riuso di scatti propri e altrui, alle impressioni su pellicola per contatto e al libro d’artista. Alcune immagini assumono una forza iconica nel suo lavoro e tornano come matrice compositiva, più e più volte, attraverso gli anni: cambiano gli oggetti fotografati sul piano, ma seguono la medesima disposizione. Le cinque opere in questione mettono in scena il mistero dell’immagine che emerge, o per cancellazione o per sovrapposizione di illustrazioni ritagliate, in modo che la silhouette in negativo di una pianta grassa si offra come cornice alla pagina di una rivista di interni. La natura della sovrapposizione fa emergere un carattere perturbante nell’apparenza obsoleta dei codici di presentazione di vecchie pubblicazioni, ma fa scattare anche riflessioni su figure seminali dell’architettura come Carlo Scarpa e la visionaria natura delle sue scale.
KM 2,6, di Giuseppe Gabellone
Giuseppe Gabellone è stato uno dei più giovani protagonisti della stagione artistica degli anni ’90 e in particolare del Gruppo di Via Fiuggi a Milano. La sua ricerca, al limitare tra scultura e fotografia, è continuata nei decenni, raggiungendo alcuni degli esiti più originali nell’ambito di questi linguaggi: KM 2,6 è un’opera video che rappresenta per l’artista “l’inizio di tutto” e una delle più rilevanti di quegli anni in Italia: mostra il giovane Gabellone tradurre il tempo del video, registrato sul nastro magnetico dalla videocamera, in una grande scultura, composta da 2,6 chilometri di nastro adesivo, che riflettono la durata del nastro video, mentre il marrone del nastro magnetico si replica nel marrone dello scotch da pacchi che l’artista srotola dapprima all’interno di una casa e poi tutt’attorno all’edificio, come una ragnatela composta da un lungo, ininterrotto segno grafico-scultoreo, che accompagna il movimento dell’artista durante l’azione. Da quell’opera inizia nella produzione di Gabellone il pensiero di come presentare la scultura e lo spazio che essa ingloba e sul quale la sua forma si propaga non come oggetto tridimensionale ma come documentazione bidimensionale fotografica. In qualche modo, l’artista porta alle estreme conseguenze la suggestione di Medardo Rosso, che fotografava personalmente le sue opere scegliendo un unico punto di visione ed evidenziando la propagazione del loro movimento nello spazio e nella luce, ma Gabellone compie una scelta definitiva: distrugge le sue sculture dopo averle fotografate, affinché esistano solo come fotografia e come volume in assenza.